Lasciatevi trasportare dai dolci ricordi della nostra associata BETTY SCAGLIONE CIMO’ : giornalista, scrittrice di numerosi romanzi (La casa del cuore, Con tutto il nostro amore, Il colore della solitudine), alla scoperta di una vera raffinatissima ed antica ricetta “le violette candite “
“Chi ha avuto la fortuna di conoscere i nonni serba nel cuore ricordi bellissimi per tutta la vita. Quando sono nata i miei nonni erano molto avanti negli anni e, come natura vuole, mi hanno lasciata molto presto. Di nonno Nenè ho un tenero ricordo, la sua bontà e dolcezza non aveva limiti. Con lui facevamo delle lunghe passeggiate e parlavamo di natura e di cavalli, la sua grande passione. Nonna Albertina non era una nonna come tutte le altre.
Lei non cucinava pranzetti saporiti, non sfornava profumati dolcetti, non sferruzzava maglioni e berretti di lana, non ricamava la dote per le nipoti femmine e soprattutto non raccontava le fiabe. Lei leggeva, studiava i classici, le biografie di illustri personaggi e poi raccontava alla sua maniera. Era una donna con dei sani e rigidi principi. Le sue giornate seguivano orari e programmi precisi. Superati gli ottant’anni iniziò a perdere la vista e nonostante avessi quattro anni, fui dolcemente costretta ad imparare a leggere. Di buon mattino, c’era la lettura del “Giornale di Sicilia”, nel primo pomeriggio l’ascolto della radio: musica sinfonica, oppure un’opera. Questo per tre giorni a settimana, altri due erano dedicati al nonno. Tutte le sere, puntuale alle ore diciotto veniva recitato il santo rosario rigorosamente in latino. Con la nonna leggevamo di tutto, ma lei, da sempre, aveva studiato e amato Dante, inoltre era una grande conoscitrice della letteratura russa. Nell’ultimo decennio della sua vita aveva prestato una particolare attenzione agli autori siciliani. Compiuti cinque anni iniziai ad andare a scuola, ma i primi giorni furono particolari, i miei compagni, mi criticavano perché recitavo le preghiere in una lingua a loro sconosciuta e perché di tanto in tanto tiravo fuori qualche parola in francese. Ero sola contro tutti. Fu lei con i suoi consigli ad insegnarmi come abbattere il muro sorto tra me ed i miei compagni. E fu a cinque anni che incontrai Niccolò Machiavelli ed il suo principe.
Un mattino di maggio, subito dopo l’appello, la maestra fece gli auguri a Rosina la mia compagna di banco
– Oggi è il tuo compleanno e non dici nulla.
– Non ho i soldi per comprare le caramelle e portarle in classe.
– Udite quelle parole mi sentii un pò scema, come avevo potuto fare quella domanda, sapevo che il suo papà era un pescatore e guadagnava quel poco per campare la famiglia dignitosamente.
Tornata a casa chiesi alla mia mamma se poteva preparare una torta, anche piccola. Le raccontai cosa era successo a scuola e volevo regalare un po ‘ di gioia alla mia compagna di banco. Mamma non si
fece pregare, si mise subito all’opera e cucinò un soffice pan di spagna che farcì con della crema al latte aromatizzata al limone. La torta era bella e profumata, ma scarsa di decoro, anzi, non ne aveva per nulla.
Nel pomeriggio ascoltai un’opera con la nonna” La fanciulla del West” Ascoltavo distratta, avevo un pensiero: come decorare la torta di Rosetta. Ad un tratto la nonna fece segnale a Tinuzza di spegnere la
radio.
– Hai qualche problema che ti impensierisce di ascoltare serenamente ?
– Non ho i decori per la torta della mia compagna di banco. Le bucce d’arancia caramellate sono finite e le palline di cacao sono poche, non so come guarnire in modo carino.
– Sciocchina, la tua nonna ti darà dei fiori caramellati che faranno diventare la torta bella.
Così dicendo si alzò dalla poltrona, appoggiandosi al suo bastone con una mano e con l’altra poggiata sulla mia spalla ci dirigemmo in salotto. Aprì lo sportello di un mobile dove erano riposti tutti i liquori e disse.
-Prendi la scatola di vetro e dammela.
Presi la scatola e gliela porsi, non era molto grande, ma pesava. Appena sollevò il coperchio ermetico venne fuori un delicato profumo dolce e speziato. Tinuzza prese un piatto piccolo, e vi pose un tovagliolo di candido lino, poi, lentamente, la nonna vi fece scivolare sopra delle piccole deliziose violette blù-lilla candite. Quei piccoli delicati fiori glassati sembravano ricoperte da mille microscopici brillantini.
-Nonna, ma sono fiori o gioielli?
-Queste sono delle semplici violette che glasso ogni anno per decorare le torte o per gustare con il tè. –
Guardai la nonna senza dire nulla, attraverso il mio sguardo le espressi tutta la mia ammirazione. La mia compagna Rosetta ebbe la più bella torta della sua vita, piena di piccole viole simili ai diamanti. Io capii che in fondo, in fondo le nonne sanno fare tutto, la mia per esempio diceva di non sapere fare nulla, ma, non era vero, un pò come me. Le violette candite di nonna Albertina furono sempre presenti nei nostri pomeriggi letterari e viaggiarono lontane con la nostra fantasia e le storie che inventavo di volta in volta.”
Se volete cimentarvi nella preparazione di queste raffinatisssime violette candite qui di seguito trovere la ricetta, che non ha dosi perché come tutte le antiche preparazioni delle nonne, le dosi sono rigorosamente “ad occhio” ovvero “a sentimento “
“VIOLETTE CANDITE” RICETTA :
INGREDIENTI:
- Violette ( non trattate edibili)
- 1 albume
- Zucchero semolato
- Vaniglia
- Cannella
PROCEDIMENTO:
Raccogliere le violette mantenendo lo stelo. Battere bene un albume d’uovo con un pizzico di vaniglia e lo zucchero. Con un pennello morbido spennellare le violette e poggiarle su della carta forno avendo cura di toccarle dallo stelo. Riempire una ciotola con dello zucchero semolato ed un pizzico di cannella, rotolare delicatamente le violette nello zucchero e deporle in un luogo asciutto e ventilato. Dopo 48 ore tagliare i gambi e conservare le violette in contenitori di vetro a chiusura ermetica. Le violette possono essere sostituite da petali di rosa canina.
Betty Scaglione Cimò
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